Aldifuori...

Colei che nessuno arruola e che è guidata soltanto da una natura impulsiva, la passionale complessa,
la fuorilegge, la fuori da ogni scuola, l'isolata ricercatrice dell'aldilà...

mercoledì 6 giugno 2012

Fumiko Kaneko, la ribelle di Tokio


Nasce a Yokohama (Giappone) in una poverissima famiglia del luogo. Grazie ai sacrifici della madre riesce per un breve periodo a frequentare ugualmente la scuola, ma i gravi problemi economici che incombono sulla famiglia portano la stessa madre a prendere una drammatica decisione: vendere sua figlia ad un bordello del luogo! Per fortuna però Fumiko non può essere acquistata, è infatti ancora una bambina. Per far fronte alle difficoltà economiche la famiglia decide così di inviarla in Corea dalla nonna paterna.
Registrata all'anagrafe come "figlia di sua nonna", Fumiko frequenta la scuola coreana dimostrando di avere ottime capacità d’apprendimento. Una volta terminati gli studi di base vorrebbe proseguire il suo percorso scolastico, cosa che solitamente facevano solo gli studenti maschi di buona famiglia, ma la nonna si oppone drasticamente. La vita per Fumiko diventa insopportabile, decide così che è meglio ritornare in Giappone e provare ad iniziare una nuova vita.


A Tokio inizia ad informarsi su vari argomenti politici e sociali. Nella stessa capitale nipponica conosce il militante libertario e antimperialista coreano Park Yeol, fondatore del gruppo clandestino anarco-nichilista "Futeisha" (Società degli insorti), con cui condividerà non solo l'attivismo anarchico e l’opposizione al dominio nipponico in Corea, ma anche una relazione amorosa. Insieme i due fondano anche la “Società Nera dei Lavoratori”.


Approfittando del grande terremoto di Kanto del 1° settembre 1923, le autorità imperiali colgono l'occasione per sbarazzarsi dei rivoluzionari inventandosi un presunto quanto assurdo complotto omicida contro l'imperatore. A Fumiko Kaneko e Park Yeol vengono estorte false confessioni: il 25 marzo 1926 viene emessa la sentenza di condanna a morte per alto tradimento, commutata poi il 5 aprile nei lavori forzati a vita. Quando il secondino del carcere di Ichigaya le consegna il certificato che sancisce la conversione della pena, Fumiko come gesto di protesta glielo strappa in mille pezzi davanti a lui.


Trasferita al carcere di Utsonomiya, si rifiuta di svolgere qualsiasi mansione lavorativa e viene per questo tenuta in isolamento. Dopo tre mesi decide di iniziare a lavorare in un laboratorio che produce corde di canapa, ma non perché sia stata piegata dalla violenza dell'isolamento carcerario, bensì perchè ha un preciso e drammatico obiettivo da mettere in atto: il 23 luglio 1926, il giorno seguente al primo giorno di lavoro, Fumiko si suicida con la corda che lei stessa aveva preparato.
Il compagno di Fumiko invece rimarrà in stato di detenzione fino all'ottobre del 1945.
Durante il periodo passato in carcere Fumiko si dedica ad uno scritto, le sue memorie, dal quale si evince tutto il suo pensiero, imperniato sui principi fondamentali dell’anarchismo: egualitarismo sociale, antimilitarismo, antimperialismo, critica del cristianesimo e della concezione maschilista e autoritaria della famiglia giapponese, ecc.
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« Sopravvivere? La parola ‘sopravvivenza’ è spesso utilizzata oggi. Ma questa parola ha un senso? E il senso che noi gli diamo non è anti-nietzschiano, il suo uso proviene da Nietzsche e dai suoi “discepoli”. Per il filosofo, sopravvivere significa vivere di più (e lo sottolineo) e non vivere a stento»


« Voi giocate con la vita delle persone, uccidete o concedete la grazia come vi pare! Cosa significa questa ‘grazia eccezionale’? Dovrei accettare di lasciare che la mia vita dipenda dai vostri capricci?»


« Io mi oppongo fermamente contro tutti i poteri coercitivi… Dunque voi, ufficiali, mi domanderete: “Perchè allora lei pretende di distruggere la sua propria vita?” Ed io risponderò: “Vivere non è semplicemente sinonimo di muoversi. E’ muoversi secondo la propria volontà… Non si potrebbe dire che non si cominci a vivere che quando si agisce. Quindi se agire di propria volontà conduce alla distruzione di sé non si tratta di una negazione della vita. E’ un’affermazione”. »


« Se volete impedire che la sfortuna si compia, questo è il momento. Fareste meglio a uccidermi. Anche se mi controllate in prigione durante alcuni anni, quando sarò di nuovo libera, nella società, vi dimostrerò che posso ricominciare. Vi dimostrerò che posso togliermi di torno ed evitarvi questa pena. Andate, andate, inviate questo corpo che mi appartiene dove volete – anche al ponteggio, alla prigione di Hachiôji. Il corpo non muore che una volta. Fate ciò che vi sembra adatto. Se mi fate qualcosa come questo, sarà per me la prova evidente che ho vissuto pienamente la mia vita. Mi accontenterò.»

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